
di Alessandra Schofield
Il Settore florovivaistico in Lombardia Andamento, sviluppi, problemi e prospettive. Il comparto florovivaistico, che comprende la produzione di fiori, piante ornamentali e vivai, riveste un ruolo di primo piano nell’economia agricola lombarda. Sul territorio regionale si contano oltre 6.500 imprese, attive nella produzione di fiori recisi, piante in vaso, alberi e arbusti ornamentali, nonché nella manutenzione del verde pubblico e privato. Un settore estremamente diversificato, che coinvolge dimensioni agricole, paesaggistiche e ambientali.
A livello nazionale, il florovivaismo ha raggiunto nel 2024 un valore di circa 3,3 miliardi di euro, su una superficie di 30.000 ettari coltivati, con 1,3 miliardi di euro di esportazioni e circa 200.000 lavoratori, prevalentemente stagionali e specializzati. In Lombardia, il comparto è uno dei pilastri dell’occupazione agricola: decine di migliaia di persone sono impiegate nella produzione, vendita e cura del verde. La superficie regionale destinata a fiori e piante ornamentali è di circa 11.000 ettari (di cui 8.000 per vivai e quasi 4.000 per coltivazioni floricole).
I principali distretti florovivaistici lombardi sono concentrati nelle province di Brescia, Bergamo, Como-Lecco e Varese, note per la produzione di rose, azalee, orchidee, alberi ornamentali e piante da giardino. Il valore di produzione regionale nel 2023 ha raggiunto 277 milioni di euro, collocando la Lombardia al quarto posto nazionale dopo Toscana, Liguria e Sicilia.
Tuttavia, il comparto deve fronteggiare la pressione delle importazioni: nel 2023, l’Italia ha importato quasi 900 milioni di euro di piante e fiori, registrando un incremento del +33% sull’anno precedente. Il mercato europeo è dominato dagli hub logistici olandesi, da cui transita circa il 72% delle importazioni UE. Molti fiori recisi economici provengono da Kenya, Colombia ed Ecuador, entrando nell’UE via Paesi Bassi e acquisendo “origine europea”, penalizzando così i produttori italiani, vincolati a standard ambientali e sociali più rigorosi. Questa concorrenza sleale, basata su importazioni a basso costo, rischia di erodere le quote di mercato dei produttori locali, specie nel segmento dei fiori recisi mass-market. Il settore chiede da anni l’applicazione del principio di reciprocità delle regole, per garantire pari requisiti di qualità, sicurezza e sostenibilità ai prodotti importati.
Negli ultimi anni sono state varate diverse misure a supporto del florovivaismo: tra queste il Bonus Verde, incentivo fiscale alla creazione di aree verdi. In discussione, attualmente, una riforma legislativa organica, volta a riconoscere formalmente l’attività florovivaistica come parte integrante del comparto agricolo.
La Regione Lombardia, tramite l’Assessorato all’Agricoltura, si è attivata partecipando alla creazione della Consulta del Florovivaismo nazionale insieme a Coldiretti e Assofloro. I tavoli di confronto affrontano temi come le norme fitosanitarie, la lotta alle specie invasive, la gestione degli scarti vegetali e il coordinamento delle politiche di settore. Durante la pandemia di Covid-19, è intervenuta con contributi a fondo perduto per i floricoltori danneggiati dalla chiusura dei mercati primaverili. Più di recente, ha stanziato fondi e crediti d’imposta, anche grazie al PNRR, per contrastare l’impatto del caro-energia sulle serre riscaldate.
Attraverso il Programma di Sviluppo Rurale (PSR), cofinanziato dall’Unione Europea, le aziende florovivaistiche lombarde hanno innovato, installando impianti di irrigazione a risparmio idrico, serre a basso consumo energetico e sistemi anti-grandine. Sono stati anche attivati bandi per il recupero di giardini storici e aree verdi pubbliche. Parallelamente, molte imprese si sono differenziate, puntando su qualità, tipicità delle varietà e valorizzazione del made in Italy. Si assiste a una crescente attenzione per fiori più profumati, durevoli e per servizi su misura dedicati alla clientela.
I cambiamenti climatici costituiscono un’ulteriore nodo: ondate di calore, siccità, gelate tardive e grandinate improvvise impongono l’adozione di misure di difesa attiva e passiva. I florovivaisti investono in reti antigrandine, serre tecnologiche, assicurazioni agevolate e sviluppano varietà vegetali più resilienti, collaborando con istituti di ricerca come l’Università degli Studi di Milano.
Città come Milano, Bergamo e Brescia hanno avviato progetti di forestazione urbana e verde periurbano, offrendo nuove opportunità ai vivai nella fornitura di alberi ornamentali e arbusti per la riqualificazione urbana.
Tradizionalmente frammentato in piccole aziende familiari, il comparto lombardo sta conoscendo un processo di aggregazione: nascono consorzi e cooperative per condividere logistica, marketing e promozione, e le nuove generazioni adottano un approccio più manageriale, puntando su vendita diretta, progettazione del verde ed e-commerce.
L’innovazione è il cuore della trasformazione: molte serre lombarde sono dotate di impianti di irrigazione automatica, centraline climatiche, robot trapiantatori e sistemi IoT per il monitoraggio delle coltivazioni. L’adozione di pratiche di agricoltura 4.0 è sostenuta da fondi regionali e dal PNRR. Sostenibilità e tecnologia procedono di pari passo: riciclo dell’acqua, uso di energie rinnovabili, lotta biologica ai parassiti e substrati ecocompatibili sono ormai diffusi. Gli investimenti in miglioramento genetico, attraverso tecniche di micropropagazione in vitro, consentono la produzione di nuove varietà più resistenti, profumate e durature.
La formazione accompagna questo cambiamento: le scuole agrarie e l’Università degli Studi di Milano offrono corsi specialistici per preparare le nuove generazioni di florovivaisti alle sfide della sostenibilità e dell’innovazione.