di Alessandra Schofield
Povertà educativa e disuguaglianze formative in Italia L’ISTAT misura cause ed effetti. L’audizione dell’Istat del 7 ottobre 2025, presentata alla 7ª Commissione permanente del Senato, offre un quadro complessivo della situazione italiana in materia di povertà educativa, abbandono e dispersione scolastica.
Nel 2024, in Italia, il 66,7% delle persone tra 25 e 64 anni possiede almeno un diploma di scuola secondaria superiore, ben al di sotto (-13,8%) rispetto alla media europea. Le donne raggiungono il 69,4%, mentre gli uomini il 64%, con valori più bassi nel Mezzogiorno, in particolare in Campania, Puglia, Sardegna e Sicilia. Anche il livello di istruzione terziaria risulta inferiore alla media dell’Unione Europea: il 31,6% dei giovani tra 25 e 34 anni ha un titolo di studio terziario, contro il 44,1% europeo. Le quote più elevate si trovano nel Nord, le più basse nelle regioni meridionali e insulari, con differenze significative anche tra uomini e donne. L’Italia rimane tra i Paesi europei con la più bassa quota di diplomati e laureati.
L’ISTAT sottolinea l’importanza dei primi anni di vita per lo sviluppo cognitivo, socio-emotivo e fisico dei bambini. Tuttavia, il sistema italiano mostra una carenza strutturale di servizi educativi per la fascia 0–3 anni e forti disuguaglianze territoriali, con il Mezzogiorno ancora in forte ritardo. Nell’anno educativo 2022/2023 sono stati attivi 14.031 servizi per la prima infanzia, con oltre 366 mila posti autorizzati, di cui circa la metà pubblici. Il tasso di copertura dei posti rispetto ai residenti sotto i tre anni è passato dal 27,1% al 30%, ma rimane molto basso in Campania, Sicilia e Calabria, mentre supera il 40% in alcune regioni del Centro-Nord. L’accesso ai nidi risulta fortemente correlato al livello di occupazione e istruzione dei genitori: tra i figli di genitori laureati la frequenza è del 49,3%, contro il 22,1% tra quelli di genitori con al massimo la licenza media. Inoltre, i criteri di ammissione tendono a privilegiare le famiglie con genitori occupati, e solo pochi comuni considerano le condizioni economiche di svantaggio. A quattro o cinque anni, la quasi totalità dei bambini frequenta percorsi educativi, con una quota del 95% nell’anno scolastico 2023/2024.
Il documento dedica ampio spazio ai fenomeni della dispersione, dell’abbandono e dei giovani NEET, cioè i giovani tra 15 e 29 anni che non studiano né lavorano. Tra gli studenti del terzo anno della scuola secondaria di primo grado, il 41,4% non raggiunge la sufficienza in italiano e il 44,3% in matematica, con forti differenze territoriali: le quote più alte di studenti con competenze insufficienti si trovano in Sicilia, Calabria e Sardegna. Le differenze riguardano anche il genere e la provenienza: le ragazze risultano più deboli in matematica, i ragazzi in lettura, mentre gli studenti stranieri mostrano tassi di insufficienza molto più elevati rispetto ai coetanei italiani. Il rischio di dispersione implicita, cioè di non riuscire a proseguire nel percorso scolastico o di accumulare ritardi, interessa il 12,3% degli studenti del terzo anno, con valori più alti nelle regioni meridionali e tra i maschi, gli studenti di prima generazione immigrata e quelli provenienti da famiglie svantaggiate.
La dispersione scolastica espicita, misurata sui 18-24enni che hanno lasciato gli studi dopo la scuola media senza proseguire, riguarda il 9,8% dei giovani, vicino al target europeo del 9%. Il fenomeno è più diffuso tra i maschi (12,2%) e nel Mezzogiorno (12,4%), mentre gli stranieri mostrano una quota del 24,3%. L’abbandono risulta fortemente influenzato dal livello di istruzione dei genitori: tra i giovani con genitori al massimo diplomati alla scuola media l’abbandono raggiunge il 22,8%, contro l’1,2% tra quelli con almeno un genitore laureato.
La dispersione implicita nella scuola secondaria di secondo grado, cioè tra chi completa il ciclo senza raggiungere le competenze minime, coinvolge l’8,7% degli studenti, in calo rispetto agli anni precedenti ma ancora elevata nel Mezzogiorno. È più frequente tra i maschi, tra gli studenti in ritardo scolastico e negli istituti professionali, mentre è più contenuta nei licei.
Il fenomeno dei NEET riguarda nel 2024 il 15,2% della popolazione di riferimento, con valori oltre il 20% in Calabria, Sicilia, Campania e Puglia. Il tasso è più alto tra le donne (16,6%) rispetto agli uomini (13,8%).
