di Alessandra Schofield
Lavoratori dipendenti e malattia, facciamo chiarezza. Se siamo lavoratori dipendenti, durante una malattia abbiamo il diritto di sospendere l’attività lavorativa e l’obbligo di adottare comportamenti coerenti con la condizione dichiarata nel certificato medico. Dovremo perciò essere reperibili presso il nostro domicilio per eventuali controlli da parte del medico dall’INPS o dalla ASL di competenza.
Le fasce orarie in cui è prevista la reperibilità sono, per i dipendenti del settore privato e pubblico, dalle 10:00 alle 12:00 e dalle 17:00 alle 19:00 e valgono tutti i giorni, festivi compresi.
Ciononostante questi obblighi, ci sono situazioni in cui possiamo allontanarci da casa. Se il medico curante ci ha prescritto terapie fisiche, visite specialistiche o anche passeggiate o esercizi leggeri necessari per il recupero che prevedano l’uscita da casa, potremo farlo anche durante le fasce di reperibilità, a condizione che l’indicazione sia espressamente riportata nel certificato medico o comunque documentabile. In caso di controllo durante l’assenza, dovremo quindi poter giustificare l’uscita tramite ricevute, prescrizioni o la prenotazione di appuntamenti sanitari. Sarà bene quindi, ove necessario, chiedere al medico di segnalare direttamente nella comunicazione INPS che la terapia prevede la necessità di allontanarsi dal domicilio anche negli orari in cui si prevede la nostra reperibilità.
Se durante la malattia desideriamo soggiornare temporaneamente in un luogo diverso dalla residenza abituale, dovremo obbligatoriamente comunicare all’INPS e al datore di lavoro il nuovo indirizzo presso il quale si sarà reperibili e il periodo di permanenza, e saremo ottenuti ad osservare gli orari di reperibilità precedentemente indicati.
Non rispettare questi adempimenti senza giustificato motivo, può comportare gravi conseguenze. La prima assenza ingiustificata al controllo comporta la sospensione dell’indennità INPS per dieci giorni; la seconda assenza ingiustificata fa decadere il diritto all’indennità per l’intero periodo di malattia in corso; la terza assenza ingiustificata nell’arco dell’anno ci farà perdere il diritto all’indennità anche per tutte le successive malattie.
Sono ritenute giustificate solo le assenze per cause documentabili, come visite mediche, terapie prescritte, ricoveri o eventi di forza maggiore non sanitarie, con ciò intendendo calamità naturali, incidenti domestici gravi, interventi di pubblica autorità che impediscano il libero movimento, eventi imprevedibili legati a trasporti, improvvisi lutti in famiglia o accompagnamento urgente di un familiare malato o minore a una visita medica. Dovrà comunque trattarsi di contesti in cui la presenza in casa durante le fasce orarie di reperibilità è oggettivamente impossibile, e l’assenza durante il controllo deve essere documentata adeguatamente e tempestivamente.
Se siamo in malattia, non possiamo svolgere smart working o telelavoro. O siamo in condizione di lavorare, oppure no. Nel caso in cui la patologia sia lieve e non comprometta del tutto la capacità lavorativa, potremo eventualmente concordare l’attività in smart working con il datore di lavoro, ma in quel caso non si dovrà aprire il certificato di malattia e non si percepirà la relativa indennità. Analogamente, se siamo lavoratori in smart working e ci mettiamo in malattia, valgono per noi esattamente le stesse regole di reperibilità previste per tutti i dipendenti, indipendentemente dalla modalità con cui svolgono normalmente il proprio lavoro.
Esiste un limite massimo di durata della malattia, detto “periodo di comporto”, superato il quale il datore di lavoro può legittimamente licenziare il dipendente anche se questo è ancora ammalato. La durata del comporto dipende dal CCNL (Contratto Collettivo Nazionale) applicato al rapporto di lavoro, e può variare da 60 giorni in un anno a 12 mesi continuativi o frazionati o 18 mesi. Anche le modalità con cui viene conteggiato tale periodo dipende dal CCNL in essere, così come quelle di interruzione o azzeramento.
Alcuni CCNL prevedono periodi di comporto diversi e più estesi in caso di gravi patologie certificate, come quelle oncologiche, o le terapie salvavita. In questi casi, determinati periodi non vengono conteggiati oppure il comporto è prolungato e talora raddoppiato.
Inoltre, sempre a seconda del contratto applicato, vi sono alcuni tipi di assenza che, anche se protratte, non si computano ai fini del periodo di comporto: le assenze per infortunio sul lavoro o malattia professionale, le assenze per maternità o paternità obbligatoria, le assenze per congedi per disabilità grave o assistenza a familiari disabili, le assenze per donazione di organi o sangue. Naturalmente, tutti questi casi dovranno essere adeguatamente documentati.
In caso di dubbi, possiamo conoscere il nostro CCNL controllando la busta paga, dove di solito è indicato nella parte alta o bassa del documento, o nel contratto individuale di lavoro che abbiamo firmato all’assunzione; oppure possiamo chiedere direttamente all’ufficio del personale o al datore di lavoro. Se abbiamo bisogno di assistenza, possiamo rivolgerci a un sindacato dei lavoratori o a un CAF.
