di Alessandra Schofield
Birra italiana riconosciuta a livello internazionale La sperimentazione nata in Lombardia e in Piemonte. In Italia la produzione della birra rappresenta oggi un settore in forte evoluzione, capace di generare un valore economico importante e di intrecciarsi con la valorizzazione agricola e territoriale. Negli ultimi anni la produzione nazionale si è attestata attorno ai 18 milioni di ettolitri, con un leggero calo nel 2023 dopo il record del 2022, mentre i consumi hanno raggiunto livelli mai sperimentati in passato, stabilizzandosi intorno ai 21 milioni di ettolitri (circa 36 litri pro capite).
La birra, tradizionalmente minoritaria rispetto al vino, è ormai parte integrante delle abitudini degli italiani, con una crescita che nell’arco di un decennio ha superato il 20%. Nonostante l’Italia rimanga un importatore netto, con circa 7 milioni e mezzo di ettolitri provenienti soprattutto da Germania e Belgio, le esportazioni – dirette in gran parte verso il Regno Unito e la Francia – hanno conosciuto un’espansione significativa. Il comparto genera un fatturato complessivo che sfiora i 10 miliardi di euro e occupa oltre 90.000 persone considerando l’indotto.
La mappa produttiva italiana vede la presenza di più di 1.200 birrifici, un numero cresciuto esponenzialmente a partire dagli anni Novanta con l’arrivo del movimento artigianale.
Lombardia, Veneto e Piemonte sono le regioni con la più alta concentrazione di birrifici, seguite da Toscana, Campania, Lazio e altre realtà anche meridionali come Puglia e Sicilia, che negli ultimi anni hanno rafforzato la propria presenza. Accanto ai poli artigianali, l’Italia ospita anche grandi stabilimenti industriali, dai siti di Peroni e Heineken in Puglia e Lazio all’Ichnusa in Sardegna e alla Forst in Alto Adige.
I birrifici artigianali si distinguono per l’assenza di pastorizzazione e microfiltrazione, che consente di conservare i lieviti vivi e preservare aromi e complessità organolettiche. La cura delle materie prime, il ricorso a tecniche come il dry hopping e la rifermentazione in bottiglia, l’uso creativo di ingredienti locali come castagne, miele o agrumi, hanno reso la birra artigianale italiana un laboratorio di sperimentazione riconosciuto a livello internazionale. Lo stile Italian Grape Ale, che unisce mosto d’uva e birra, ne è un chiaro esempio. A fronte di una quota di mercato ancora ridotta in termini di volume, il segmento artigianale è cresciuto più rapidamente di quello industriale, intercettando la domanda di prodotti originali, di qualità e legati al territorio. Parallelamente si affermano tendenze di consumo moderato, con il successo di birre a basso tenore alcolico e analcoliche, oggi pari a circa il due per cento del totale.
Il radicamento territoriale si manifesta anche nella coltivazione delle materie prime. L’orzo da malto viene coltivato in diverse regioni, con una particolare presenza in Basilicata e Puglia dove operano filiere agricole legate a birrifici come Baladin, ma anche in Toscana e Friuli, mentre i grani antichi e altri cereali trovano spazio in Umbria, Campania e Sicilia, arricchendo la varietà degli stili italiani. Il luppolo, tradizionalmente importato, è oggi coltivato in Emilia-Romagna, Veneto, Toscana, Piemonte, Lombardia, Friuli, Lazio e Umbria, con sperimentazioni anche in Sicilia e Sardegna. Nonostante questi sforzi, circa il sessanta per cento del fabbisogno di malto continua a essere coperto da importazioni, e le rese agricole risentono spesso delle condizioni climatiche, dalla siccità del Sud all’eccessiva piovosità del Nord.
All’interno di questo quadro, la Lombardia si distingue come la regione leader per numero di birrifici, con quasi duecento realtà operative che spaziano dai microbirrifici ai grandi stabilimenti industriali. È in questa regione che ha preso avvio, negli anni Novanta, il movimento artigianale con esperienze pionieristiche come Birrificio Italiano, e sempre qui sorge lo stabilimento di Comun Nuovo, in provincia di Bergamo, il più grande d’Italia con una produzione superiore ai tre milioni di ettolitri annui. La Lombardia sintetizza, per cposì dire, le due anime della birra italiana (artigianale e industriale), ed è anche un centro importante per la coltivazione del luppolo, con superfici dedicate che contribuiscono a rafforzare l’autonomia delle filiere locali. Proprio in Lombardia, nel 1996, venne fondato il Birrificio Italiano da Agostino Arioli a Lurago Marinone (Como), considerato uno dei pionieri della birra artigianale italiana, noto per la Tipopils, una reinterpretazione in chiave craft della Pils tedesca. Sempre nel 1996 nasce il birrificio Baladin, fondato da Teo Musso a Piozzo (Cuneo, Piemonte). Nato come brewpub, è diventato il simbolo del movimento artigianale italiano, con forte sperimentazione sugli stili e un’attenzione particolare all’uso di materie prime locali.
Proprio come per altri settori manifatturieri della regione, anche le imprese lombarde del comparto brassicolo sono potenzialmente soggette alle tensioni legate ai dazi statunitensi: secondo un report della Banca d’Italia, le aziende lombarde nel settore bevande stanno valutando strategie difensive, ad esempio consolidando la propria presenza negli Stati Uniti, o cercando mercati alternativi.
