
di Alessandra Schofield
Domicilio Digitale A cosa serve e in che modo è collegato alla PEC. Il concetto di “domicilio digitale” è stato introdotto nell’ordinamento italiano tra il 2017 e il 2018 e indica un indirizzo elettronico qualificato eletto presso un servizio di posta elettronica certificata (PEC) oppure presso un servizio elettronico di recapito certificato qualificato (QERDS), riconosciuto a livello europeo ai sensi del Regolamento eIDAS, per lo scambio di comunicazioni con valore legale.
Il domicilio digitale è obbligatorio per determinate categorie e facoltativo per i cittadini. In particolare, tutte le pubbliche amministrazioni, i gestori di pubblici servizi, le imprese iscritte al Registro delle Imprese e i professionisti iscritti in albi devono avere un domicilio digitale registrato in appositi elenchi. Chiunque, quindi anche le persone fisiche e gli enti privati non obbligati, può comunque eleggere il proprio domicilio digitale e iscriverlo nell’elenco dedicato.
Le imprese comunicano telematicamente il proprio domicilio digitale al Registro delle Imprese, mentre i professionisti lo comunicano ai rispettivi ordini o collegi. La mancata comunicazione comporta sanzioni amministrative e l’assegnazione d’ufficio di un domicilio digitale da parte della Camera di Commercio.
Le comunicazioni inviate al domicilio digitale iscritto negli indici ufficiali producono gli stessi effetti giuridici di una raccomandata con ricevuta di ritorno e sono legalmente opponibili, quindi una PEC inviata all’indirizzo digitale del destinatario produce effetti di notifica validi e fa decorrere i termini per eventuali adempimenti o impugnazioni.
Per rendere effettivo l’uso del domicilio digitale, il legislatore ha istituito tre registri pubblici: INI-PEC (Indice Nazionale dei Domicili Digitali di imprese e professionisti), IPA (Indice dei domicili digitali delle pubbliche amministrazioni e dei gestori di pubblici servizi) e INAD (Indice Nazionale dei Domicili Digitali delle persone fisiche e degli enti di diritto privato non tenuti all’iscrizione in albi o registri). L’iscrizione in questi elenchi rende il domicilio digitale pubblico e consultabile liberamente, condizione necessaria affinché soggetti terzi (come PA, imprese, professionisti) possano reperirlo e utilizzarlo per notifiche ufficiali con pieno valore legale.
Poiché per eleggere il domicilio digitale si può utilizzare una PEC o un altro servizio elettronico di recapito certificato qualificato, la PEC è lo strumento più diffuso, ma può essere sostituita da un servizio QERDS conforme al Regolamento eIDAS. Tuttavia, servizi di identità digitale come SPID o CIE non costituiscono di per sé un domicilio digitale, bensì servono esclusivamente per l’identificazione del soggetto al momento dell’iscrizione o dell’accesso ai portali.
È importante chiarire che avere una casella PEC attiva non significa automaticamente disporre di un domicilio digitale valido ai fini legali. Il domicilio digitale, infatti, non è semplicemente un indirizzo PEC: è un recapito formalmente eletto e registrato in uno degli indici pubblici.
Per imprese e professionisti iscritti a un albo, la registrazione della PEC in INI-PEC è obbligatoria e avviene automaticamente al momento della comunicazione dell’indirizzo al Registro delle Imprese o all’Ordine di appartenenza, diventando di diritto il domicilio digitale.
Per i cittadini privati, invece, la PEC non registrata in INAD non è considerata domicilio digitale, e la pubblica amministrazione non può utilizzarla per notificare atti ufficiali. In questi casi, le comunicazioni continueranno ad arrivare in forma cartacea. Solo con l’iscrizione volontaria (che è grauita) la PEC diventa il recapito digitale opponibile ai fini legali.
Registrando la propria PEC presso l’INAD, il cittadino acquisisce il diritto a ricevere comunicazioni ufficiali della pubblica amministrazione sul proprio indirizzo digitale, in forma valida e con pieno valore legale, poiché la legge impone alle PA di utilizzare in via prioritaria il domicilio digitale eletto e registrato. Si pensi, ad esempio, ai verbali di contravvenzione, alle comunicazioni dell’ASL o agli avvisi tributari. Allo stesso modo, il cittadino può – dal canto suo – inviare via PEC (registrata come domicilio digitale) istanze, dichiarazioni e domande (come una richiesta di partecipazione a un concorso pubblico o un accesso agli atti), con pieno valore legale e senza necessità di firma autografa. La pubblica amministrazione è tenuta ad accettare tali comunicazioni.
Il domicilio digitale è indipendente dalla residenza fisica ed è quindi particolarmente utile nei casi di prolungata assenza dal territorio, trasferimenti frequenti o nomadismo digitale. Chiaramente, non sostituisce la residenza anagrafica, necessaria per altri aspetti. Ma di questo parleremo la prossima volta.