• Agosto 1, 2025
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Di Alessandra Schofield

L’agricoltura italiana, stretta tra l’aumento dei dazi USA e il taglio PAC. Non bastava l’aggravarsi degli eventi climatici estremi: l’agricoltura italiana si trova ggi a dover considerare simultaneamente due elementi che stanno ingenerando forte preoccupazione per tutti gli operatori del settore: il possibile ulteriore innalzamento dei dazi USA sulle importazioni agroalimentari europee (fino al 30% su molti prodotti) e il taglio del 20% dei fondi destinati alla Politica Agricola Comune (PAC) nel bilancio UE 2028-2034. 

L’imposizione dei primi dazi aggiuntivi USA del 10%, già rallentano l’export agroalimentare italiano verso gli Stati Uniti. Dopo un primo trimestre 2025 in aumento dell’11%, ad aprile 2025 la crescita annua è crollata al +1,3%, rasentando a maggio la stagnazione con il +0,4%.
Il problema riguarda tutti i principali prodotti italiani sul mercato americano: in maggio, l’export in valore di olio extravergine d’oliva ha segnato un -17%, i formaggi -4% e il pomodoro trasformato -17%, invertendo i precedenti trend positivi. Anche il vino, pur mantenendo in maggio un andamento annuo leggermente positivo a maggio (+3%), in aprile ha registrato un -9% (contro il +18% di aprile 2024).
Il settore – che puntava a raggiungere 9 miliardi di euro annui verso gli USA entro il 2025 dagli 7,8 miliardi record del 2024 – lamenta invece già mancate vendite per centinaia di milioni, con la conseguente riduzione di fatturato e margini delle aziende esportatrici. Ma, secondo Coldiretti, lo scenario peggiore di dazi al 30% comporterebbe perdite fino a 2,3 miliardi di euro, per il combinato disposto della diminuzione delle esportazioni (stimata al -10%) e della richiesta di sconti sui prezzi da parte degli importatori USA, per compensare l’aumento di costo al consumo. Da qui discenderebbe anche una forte diminuzione dell’incidenza del comparto sul PIL nazionale il quale, in caso di guerra commerciale vera e propria, potrebbe perdere quasi un punto percentuale nel giro di pochi anni.
Se questo è il potenziale quadro sul fronte esterno, sul fronte interno all’UE il taglio del 20% dei fondi PAC prospettato dalla Commissione comporta minori risorse per circa 84 miliardi di euro (da 386 a 302 miliardi tra il 2028 e il 2034). L’Italia, che attualmente riceve circa 35 miliardi di euro dal bilancio PAC su base settennale, vedrebbe drasticamente ridursi la capacità di investimento per macchinari, infrastrutture per l’irrigazione, innovazione tecnologica e pratiche di agricoltura sostenibile.

Le associazioni e le organizzazioni di settore – Coldiretti, Confagricoltura, CIA Agricoltori Italiani, Alleanza delle Cooperative Agroalimentari per citarne alcune – denunciano il rischio che la contrazione delle vendite all’estero si traduca in eccedenze di prodotto sul mercato interno, ribassando i prezzi agricoli all’origine e che la minore competitività internazionale dell’agroalimentare UE, e italiano in particolare, lasci ulteriore spazio al fenomeno già molto esteso di imitazione e contraffazione, aggiungendo al danno economico il danno di immagine.

Se si considera che l’intera filiera dell’agricoltura italiana attualmente  rappresenta un valore economico di circa 707 miliardi di euro e occupa 4 milioni di persone nel Paese, è semplice immaginare come fattori di peso come quelli appena menzionati si ripercuoterebbero a cascata negativamente sull’intero indotto e sull’occupazione anche giovanile, specie nei settori più dipendenti dalle esportazioni o dai finanziamenti PAC, dalla produzione alla trasformazione dei prodotti.

Il tema è la sopravvivenza stessa di molte realtà. Si stimano oltre 770.000 aziende agricole italiane colpite dal taglio PAC 2028-2034, la cui sostenibilità economica verrebbe messa pesantemente in discussione, traducendosi in abbandono di terreni (e un territorio abbandonato è poi un territorio non presidiato, facilmente esposto a dissesti idrogeologici e incendi), riduzione della produzione interna e ulteriore dipendenza dell’Italia dalle importazioni alimentari specie nelle aree rurali più deboli, dove spesso l’agricoltura rappresenta spesso il nervo del tessuto socio-economico locale. 

Anche la sicurezza alimentare potrebbe essere messa in discussione da dazi e taglio PAC, laddove si configurasse una minore capacità di produrre cibo di qualità, così come gli obiettivi ambientali in termini di misure agro-climatiche, agricoltura biologica, riduzione delle emissioni e tutela della biodiversità, tutti strumenti che richiedono investimenti. 

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