
di Alessandra Schofield
Le famose prove Invalsi Cosa sono e a cosa servono. Chi ha figli in età scolare ne ha sentito sicuramente parlare. Sappiamo che sono obbligatorie, però forse non è ancora chiarissimo a cosa servano: parliamo delle prove Invalsi.
Le prove Invalsi sono test standardizzati che gli studenti italiani svolgono a scuola in momenti precisi del loro percorso scolastico, dalle elementari alla fine delle superiori, per verificare il livello di competenze in italiano, matematica e inglese.
Non servono a dare un voto; o meglio, non servono a valutare gli studenti, ma la scuola italiana nel suo insieme. L’idea è di far emergere positività e criticità.
Le prove Invalsi sono state introdotte nei primi anni 2000, con l’obiettivo di rendere più trasparente e confrontabile la qualità dell’insegnamento nei diversi istituti scolastici del Paese, e prendono il nome dall’ente che le organizza: l’Istituto Nazionale per la Valutazione del Sistema Educativo, organismo pubblico che raccoglie dati e analizza l‘efficacia della scuola italiana.
Basandosi sul concetto che per valutare la scuola, bisogna sapere come stanno andando davvero gli studenti, questi test cercano di misurare in modo oggettivo e uguale per tutti alcune competenze fondamentali, come la comprensione dei testi e della lingua inglese e il ragionamento matematico. Lo scopo, però, è migliorare, non giudicare.
I nostri figli vengono sottoposti alle prove Invalsi in seconda e quinta elementare, in terza media, in seconda e quinta superiore. Gli alunni di seconda e quinta elementare svolgono le prove su carta, tutti gli altri al computer.
Le domande vengono preparate da un gruppo di esperti e insegnanti, testati prima in scuole campione e poi scelte in base alla loro chiarezza e coerenza con i programmi scolastici, e sono formulate in modo da valorizzare non la memoria, ma la capacità di ragionamento. Il risultato – che viene restituito alla scuola – dirà se lo studente ha raggiunto il livello previsto per la sua età, ma i non fa media, non influisce sul voto in pagella e non decide la promozione. Pur essendo oobbligatorie per accedere all’esame di terza media e alla maturità, vengono solo segnalate nel Curriculum dello Studente, un documento allegato al diploma, e non concorrono al voto finale.
In base alle analisi degli ultimi anni, la maggior parte degli studenti raggiunge risultati adeguati alle elementari, mentre alle medie e superiori le difficoltà aumentano, specie in matematica. Si evidenziano forti differenze tra Nord e Sud e gli studenti con difficoltà economiche o familiari spesso ottengono risultati più bassi.
L’obbligatorietà di questi test è funzionale alla resa di una completa valutazione del sistema scolastioco: se una parte degli studenti non partecipasse, i dati non sarebbero più rappresentativi e non si potrebbe fare una fotografia affidabile della situazione reale. Inoltre, in assenza di obbligo, si creerebbero disparità tra scuole, regioni o tipi di indirizzo, laddove oggi tutto sono messi nelle stesse condizioni e nessuna scuola può selezionare chi far partecipare, magari per migliorare la media dei risultati. Poiché i dati raccolti con le prove Invalsi servono a intervenire dove ci sono difficoltà, migliorare l’insegnamento e ridurre i divari territoriali o sociali, se la partecipazione fosse facoltativa, mancherebbero elementi fondamentali per prendere decisioni corrette a livello nazionale.
Ora, le prove Invalsi servono davvero? Le opinioni in merito sono diverse, e ci si divide tra chi le ritiene utili per capire dove intervenire e dare a tutti pari opportunità e chi teme che spingano le scuole a insegnare solo ciò che viene testato. Come sempre, il problema difficilmente è insito nello strumento, ma nel modo in cui viene utilizzato.