
Di Alessandra Schofield
Matrimonio convivenza unione separazione divorzio diritti doveri Cosa accade quando ci si lascia. In Italia, sono il Codice Civile e la legislazione in materia di separazione e divorzio a disciplinare gli effetti delle nuove relazioni sul sostegno economico all’ex coniuge e sul contributo per i figli. Il supporto economico può essere riconosciuto a favore del coniuge economicamente più debole – purché non gli sia addebitabile la separazione – al fine di consentirgli o consentirle di conservare un tenore di vita simile a quello goduto durante il matrimonio, ferma restando la considerazione delle effettive possibilità economiche di chi quell’assegno deve erogare. L’importo, la cui entità è comunque determinata in base a una serie di parametri, può essere rivisto o cessato dal giudice per giustificati motivi, ovvero se cambiano le circostanze in cui era stato inizialmente disposto. Se il coniuge beneficiario si risposa, per esempio, termina automaticamente l’obbligo nei suoi confronti, ma non quello di mantenimento dei figli, i quali sono e restano a carico di tutti e due i genitori.
La Legge Cirinnà (Legge n. 76 del 20 maggio 2016) ha introdotto quasi dieci anni fa le unioni civili, attribuendo rilevanza giuridica alle convivenze di fatto. Coerentemente con questo principio, anche l’intraprendere una nuova convivenza o una relazione stabile che preveda reciproca assistenza morale e materiale, secondo l’orientamento generale della giurisprudenza, incide quanto meno sull’ammontare della somma percepita dall’ex coniuge. In questi casi, si tende a tener comunque conto del contributo fornito alla precedente compagine e vita familiare, e per questo motivo difficilmente il diritto al mantenimento decade completamente. Tuttavia, perché l’obbligo di sostenere economicamente l’ex moglie o l’ex marito venga ridimensionato, sarà necessario che il suo progetto comune di vita con un nuovo partner sia tangibilmente comprovato.
Il sostegno economico all’ex coniuge può avere la forma dell’assegno di mantenimento o dell’assegno divorzile; si tratta di due istituti giuridici diversi e che in ogni caso si susseguono temporalmente: il primo viene determinato dal giudice quando i coniugi sono ancora legalmente sposati ma separati e dura fino al divorzio; il secondo viene eventualmente deliberato solo dopo il divorzio, e dopo nuova valutazione da parte del giudice stesso, che può confermare, modificare, ridimensionare o negare il contributo, qualora le condizioni si siano modificate
Mai, comunque, qualora il nuovo matrimonio o la nuova relazione dovessero terminare, si potrà reclamare nuovamente il diritto al contributo economico da parte del primo ex coniuge.
E per quanto riguarda le coppie non coniugate? Quali i diritti e i doveri degli e delle ex partner, in questi casi? Come dicevamo sopra, negli ultimi anni l’ordinamento italiano ha introdotto tutele specifiche per le coppie non coniugate. Bisogna però distinguere fra semplici conviventi di fatto e partner uniti in una unione civile ai sensi della Legge Cirinnà.
Si considerano coppie conviventi di fatto due persone maggiorenni, non sposate né unite civilmente, unite stabilmente da legami affettivi di coppia e di reciproca assistenza morale e materiale e non vincolate da rapporti di parentela, affinità o adozione. Ciò concede ai partner il diritto di visita in ospedale, il diritto al subentro nel contratto di locazione in caso di morte dell’altro componente della coppia e ci si può reciprocamente delegare per quanto concerrne le decisioni sulla propria salute. Queste coppie non fruiscono dei diritti successori o previdenziali dei coniugi e il diritto/dovere al supporto economico è assente. Tuttavia, alla cessazione della convivenza, il giudice può decretare un contributo all’ex convivente economicamente più debole, qualora non sia in grado di provvedere al proprio mantenimento, si trovi in stato di necessità e non abbia prima ottenuto aiuto dai parenti più stretti. È importante sapere che, comunque, le coppie di fatto possono sottoscrivere un contratto reciprocamente vincolante che definisca i diversi aspetti della convivenza di fronte a un avvocato o a un notaio.
Con il termine “unioni civili” si fa invece specificamente ed esclusivamente (almeno per ora) riferimento a coppie formate da persone dello stesso sesso, che si presentano di fronte all’ufficiale di stato civile acquisendo così diritti e doveri analoghi a quelli dei coniugi eterosessuali. Nell’unione civile, i diritti successori e previdenziali vengono riconosciuti e, in caso di scioglimento, si prevedono le medesime tutele economiche contemplate dal divorzio tra coniugi. Dunque, il sostegno economico al/alla partner più debole è obbligatorio e determinato dal giudice.
Come dicevamo all’inizio, gli obblighi di mantenimento verso i figli minorenni o maggiorenni, qualora non siano economicamente autosufficienti, restano sempre e comunque in capo ad entrambi i genitori e sono proporzionati alle rispettive capacità economiche. Pur non venendo mai meno, il contributo a carico di uno dei genitori potrebbe possono però essere ridimensionato qualora la situazione economica personale dell’altro genitore migliori a seguito di un nuovo sopravvenuto assetto familiare, oppure qualora le sue condizioni peggiorino.