• Dicembre 10, 2024
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di Alessandra Schofield

Unipol e il suo impegno contro la violenza di genere Panchine rosse e iniziative di sensibilizzazione. Tutto è iniziato nel 2016, quando nel Comune di Lomello, in provincia di Pavia, venne collocata la prima panchina rossa in Italia. Un’idea semplice, ma carica di significato: una panchina per ricordare le donne che non ci sono più, per riflettere, per non dimenticare. Da allora, questo simbolo si è diffuso ovunque, diventando un punto di incontro tra memoria e impegno.
Unipol ha abbracciato questa iniziativa nel 2019, con la prima panchina rossa nei giardini di Porta Europa a Bologna. È stato un gesto che andava oltre la forma, un modo per dire che il cambiamento è possibile e che ognuno deve fare la sua parte. Negli anni successivi, altre panchine si sono aggiunte: nella piazza della Torre Unipol, ancora a Bologna; presso THE DAP – Dei Missaglia Art Park a Milano; in Galleria San Federico a Torino; in Piazza della Libertà a Firenze; e infine, nel 2024, presso la Torre Unipol a Milano. Ogni panchina è diversa, ma tutte portano lo stesso messaggio: la violenza non deve più trovare spazio.
Il cammino del Gruppo Unipol nella lotta contro la violenza di genere è un percorso che vuole concretizzarsi, oltre che in gesti che parlano al cuore, anche in segni tangibili.
All’impegno simbolico si affiancano iniziative che parlano direttamente alle persone. Perciò, durante tutto il mese di novembre, sono stati organizzati eventi e progetti nell’ambito della rassegna “Non ballo da sola”. C’è stato un laboratorio dove i dipendenti Unipol si sono messi in gioco, esplorando e sfidando i pregiudizi che, spesso, sono radicati più di quanto si voglia ammettere. Insieme a Claudio Nader, si è aperto un dialogo vero, fatto di ascolto e confronto.
Poi, “La Gabbia”. Chi l’ha vista non la dimenticherà facilmente. Martina Nova, con la sua danza, ha raccontato senza parole cosa significhi sentirsi imprigionati e, poi, liberarsi. È stato un momento intenso, quasi catartico, che ha parlato di dolore, ma anche di rinascita.
“In Ascolto” ha creato uno spazio sicuro, dove affrontare il tema della violenza di genere non solo con i numeri, ma con le emozioni. È stato un momento per fermarsi e ascoltare davvero, organizzato insieme a chi lavora ogni giorno per sostenere le donne vittime di violenza.
Il monologo “Maschi del Futuro” ha offerto una prospettiva nuova, un invito a riflettere sugli uomini e su quanto il patriarcato danneggi anche loro. Con parole semplici e toccanti, Francesca Cavallo ha mostrato che il cambiamento non riguarda solo le donne, ma tutti noi.
E poi ci sono stati i giovani, che con “Il Decalogo della Non Violenza” hanno imparato che le parole contano. È stato un percorso educativo che ha mostrato loro come costruire relazioni basate sul rispetto, partendo dal linguaggio.

“#NoHate”, un laboratorio per gli studenti delle scuole secondarie, incentrato sull’analisi e la trasformazione del linguaggio dell’odio, ha organizzato attività interattive, attraverso le quali i partecipanti hanno esplorato come contrastare l’hate speech e promuovere una comunicazione rispettosa. Questo laboratorio si è distinto per il suo approccio innovativo e pratico.
Lo spettacolo teatrale “Stai Zitta!”, tratto dall’omonimo libro di Michela Murgia, ha messo in scena con ironia e intelligenza i pregiudizi e le discriminazioni che le donne affrontano quotidianamente, rompendo il silenzio su molte tematiche ancora tabù.
Infine, “Il popolo delle donne” ha messo a nudo una verità amara ma importante: il progresso delle donne non sempre è accolto con equità, ma spesso con resistenze e violenza. La proiezione, accompagnata da un dibattito intenso, ha lasciato un segno profondo in chi era presente.
Il percorso che si sta cercando di compiere non è perfetto, ma è reale. È fatto di persone che si mettono in gioco, di errori e di passi avanti. È un contributo concreto al tentativo di costruire una società in cui le donne non debbano più sentirsi sole, in cui possano vivere senza paura. Ma anche una società in cui si cresca assieme. In cui ciascuno di noi – non importa a quale genere appartenga – guardi possa finalmente all’altro e all’altra soltanto con fiducia e rispetto.

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