di Alessandra Schofield
Quando l’altro “sparisce” fa sempre male. Ma è ghosting disfunzionale o auto-protettivo? Con il termine ghosting intendiamo quel comportamento relazionale in cui una persona interrompe all’improvviso ogni forma di comunicazione con un’altra, senza preavviso e senza spiegazioni. Il silenzio diventa totale: niente messaggi, niente chiamate, nessun confronto. La persona diventa, letteralmente, un fantasma (ghost, appunto). Questa scomparsa improvvisa, resa più facile dalle dinamiche digitali, lascia l’altra persona in un vuoto improvviso difficile da elaborare e spesso doloroso.
Il ghosting può verificarsi in qualsiasi tipo di rapporto – relazioni sentimentali, virtuali, familiari, lavorative, di amicizia – ed ha motivazioni varie e spesso legate a difficoltà emotive. La causa più frequente è la volontà di evitare il conflitto: molte persone non riescono a sostenere il peso di una conversazione difficile, temono reazioni imprevedibili o non sanno comunicare in modo assertivo. Altri spariscono perché non sanno gestire il proprio disagio, provano ansia, si sentono sopraffatti o non ritengono la relazione sufficientemente significativa da meritare un chiarimento. In molte ricerche accademiche sul tema, il ghosting è associato a stili di “attaccamento evitante”, a strategie di cosiddetto coping – cioè il modo in cui una persona affronta, gestisce o cerca di adattarsi a situazioni stressanti, difficili o emotivamente impegnative – basate sull’evitamento e a una scarsa tolleranza verso il confronto emotivo. La letteratura psicologica concorda nel definirlo una “tattica di ritiro” che non facilita una chiusura sana del rapporto.
Chi subisce il ghosting attraversa reazioni complesse. L’assenza di spiegazioni genera confusione, ruminazione mentale e soprattutto un forte bisogno di capire cosa sia successo. Si possono provare ansia, calo dell’autostima e senso di rifiuto, e avere la tendenza a ripercorrere ogni dettaglio della relazione alla ricerca di errori forse inesistenti. Ciò perché il ghosting priva di una conclusione chiara, mettendoci di fronte a un finale di fatto sospeso, che rende difficile voltare pagina.
Reagire in modo sano richiede anzitutto di riconoscere che si tratta davvero di ghosting, smettendo di alimentare l’illusione che l’altra persona stia semplicemente attraversando un momento complicato. Evitare di inseguire chi si è ritirato è fondamentale, perché inseguire non solo non riduce il dolore, ma lo amplifica e mantiene la dipendenza emotiva. Il ghosting – in condizioni normali – riguarda soprattutto le difficoltà comunicative dell’altro, non il valore di chi lo subisce. Perciò superare la fase dell’attesa passiva, in cui si spera costantemente che l’altro ritorni, è un passo decisivo per recuperare autonomia.
Esiste però un altro aspetto del ghosting, che non è evitamento disfunzionale ma una forma di auto-protezione. Se in genere sparire senza spiegazioni non è un modo sano di chiudere un rapporto, esistono però casi in cui interrompere il contatto può essere legittimo e necessario: relazioni abusanti, comportamenti manipolatori, tendenze aggressive o invasive, dinamiche di controllo, reazioni violente ai rifiuti, oppure situazioni già affrontate più volte senza risultato. In questi casi, il silenzio non è una fuga ma un atto di tutela della propria salute mentale. La differenza fondamentale è che il ghosting disfunzionale evita un confronto utile, mentre il ghosting protettivo evita un danno.
Ora, capire se l’altra persona sta attuando nei nostri confronti un ghosting disfunzionale e un ghosting auto-protettivo richiede un grande sforzo di onestà intellettuale e lucidità, e a volte può servirci l’aiuto di qualcuno in questo processo. Quando si viene lasciati nel silenzio, il dolore e la confusione tendono a distorcere la percezione: ci si aggrappa ai momenti positivi, si cercano giustificazioni rassicuranti, si minimizzano i segnali problematici dell’altro. La mente, per proteggersi, costruisce spiegazioni che fanno meno male, anche quando non sono le più realistiche. Per questo serve uno sforzo consapevole per separare i fatti dalle interpretazioni, i comportamenti concreti dalle aspettative personali e per guardare ciò che è davvero accaduto, senza abbellire la storia. Se l’altra persona è sempre sfuggita al confronto, ha evitato le conversazioni serie o ha scelto il silenzio nel momento in cui avrebbe dovuto assumersi una responsabilità emotiva, il ghosting ha molto probabilmente una natura disfunzionale. Se invece erano stati espressi segnali di malessere che abbiamo ignorato, disagi che abbiamo minimizzato, limiti che abbiamo magari involontariamente superato, tentativi di comunicazione che abbiamo evitato, allora l’allontanamento può avere una componente di auto-protezione.
Lo scopo di questa analisi non deve essere addossare tutta la colpa all’altra persona né assumerla completamente su di sé, ma avere un quadro completo della relazione, accettando il fatto che a volte la verità può essere meno consolante delle spiegazioni che la mente vorrebbe costruire. È un equilibrio difficile, ma è l’unico che permette di comprendere meglio noi stessi, guarire davvero dal silenzio dell’altro e ritrovare dignità e lucidità nelle proprie relazioni.
