di Alessandra Schofield

Monza e Brianza l’industria manifatturiera tra pragmatismo trasformazioni e innovazione. Il “Rapporto Censis – Fondazione Costruiamo il Futuro” delinea con accuratezza il contesto socioeconomico della Brianza nel 2024, descrivendo questo territorio come una realtà pragmatica, orientata ad affrontare con pragmatismo le trasformazioni globali. L’area, nota per la sua solida tradizione manifatturiera e per una spiccata identità produttiva, si trova al centro di un generale processo di riconfigurazione economica e culturale.
Dal punto di vista demografico, anche la Brianza mostra una tendenza all’invecchiamento della popolazione, sebbene meno marcata rispetto alla media nazionale. Tra il 2014 e il 2024 si registra un calo significativo della popolazione nelle fasce 0-14 anni (-11,3%) e 15-39 anni (-5,6%), a fronte di un incremento nella fascia 40-64 anni (+3,5%) e, soprattutto, tra gli over 65 (+16,8%). Tali dati, pur confermando un generale trend di invecchiamento, evidenziano però anche una certa capacità del territorio di trattenere giovani adulti e di mantenere una relativa stabilità demografica.

In effetti, nel biennio 2024–2025, la Regione Lombardia e la Provincia di Monza e Brianza, insieme ad attori locali e del terzo settore, hanno avviato una rete articolata di iniziative dedicate ai giovani sul territorio e favorirne la formazione e l’ingresso nel mondo del lavoro, potenziando i servizi e gli strumenti di orientamento, con una particolare attenzione allo sviluppo delle competenze professionali, tecniche e trasversali. Per citarne alcune: il Programma Triennale Giovani 2024–2026 della Regione, che definisce le linee di azione integrate per favorire occupabilità, formazione continua e coesione sociale; l’avvio da parte di AFOL Monza e Brianza di corsi professionali mirati all’inserimento lavorativo immediato; il bando “Giovani Generazioni” ad opera della Fondazione Monza e Brianza, il programma “Orientagiovani” di Assolombarda, con eventi e webinar orientati a far conoscere percorsi ITS, competenze digitali e realtà aziendali del territorio.

Detto ciò, la popolazione straniera appare in crescita e incide per l’11,7%, al di sopra della media nazionale. La componente migratoria, che rappresenta il 9,5% della popolazione residente, svolge un ruolo correttivo fondamentale nell’equilibrio intergenerazionale e contribuisce a sostenere il dinamismo del mercato del lavoro locale.
Dal punto di vista produttivo, il territorio brianzolo si distingue per un incremento delle unità locali delle imprese attive pari all’8,2% nel decennio 2012-2022, superiore alla media italiana (+6,1%) e lombarda (+8%). Tra il 2018 e il 2022, il tasso di occupazione in Brianza è salito dal 66,8% al 69,1%, una crescita di 2,3 punti percentuali, più sostenuta rispetto a Lombardia (+0,6) e Italia (+1,6).
La pandemia da Covid-19 ha avuto un impatto drastico sull’industria della Brianza, in particolare nei primi due trimestri del 2020. Durante la fase iniziale del lockdown, la produzione industriale è crollata dell’11,6% e il fatturato ha subito un calo dell’11,9%, accompagnato da una forte contrazione delle commesse, sia interne che estere. Il sentiment imprenditoriale raggiunse allora livelli tra i più bassi dal 2007. Il secondo trimestre ha visto una lieve attenuazione delle perdite, ma la ripresa è iniziata solo a partire dall’estate 2020. Comunque, la crisi sanitaria ha agito da acceleratore per molte trasformazioni già in corso: ha evidenziato l’urgenza della digitalizzazione dei processi produttivi, la necessità di sviluppare nuove competenze, l’importanza dell’export digitale e il rafforzamento delle filiere locali. 

Meccanica di precisione, industria della plastica, imprese del comparto energia e sostenibilità, settori emergenti legati all’innovazione digitale sono tutte realtà importanti sul territorio, che però, con 2.182 unità locali e 17.278 addetti, si conferma come uno dei poli principali dell’industria del mobile a livello nazionale. La sola provincia di Monza e Brianza ospita il 59,7% delle imprese del comparto e il 56,2% degli addetti. Le esportazioni di mobili dalla provincia hanno raggiunto nel 2023 un valore di 1.092,5 milioni di euro, pari al 9,3% del totale nazionale, posizionandola al terzo posto tra le province italiane per valore esportato. Insieme a Como e Milano, le tre province rappresentano oltre il 22% dell’intero export italiano nel settore. Il 51,8% delle esportazioni è destinato all’Europa, il 27,4% all’Asia e il 16,8% all’America, con gli Stati Uniti come primo mercato singolo (174 milioni di euro). È evidente che un’esposizione così forte verso il mercato statunitense rende l’industria brianzola del mobile potenzialmente vulnerabile all’attuale inasprimento delle politiche protezionistiche americane. L’imposizione di dazi, in un settore fortemente concorrenziale e ad alto valore percepito, potrebbe influire negativamente sulla competitività dei prodotti brianzoli, incidendo sulle strategie di internazionalizzazione e sulle scelte logistiche delle imprese.
Ad ogni modo, le imprese della Brianza stanno affrontando un profondo cambiamento culturale e organizzativo, segnato dalla diffusione dell’Industria 4.0, dalla crescente attenzione alla sostenibilità e da un ritorno (back-shoring) di produzioni precedentemente delocalizzate. Questo rientro è interpretato non solo in chiave economica, ma anche come riappropriazione del legame col territorio e rinnovata responsabilità sociale, nella visione dell’impresa come attore comunitario, il cui successo è legato alla prosperità dell’ambiente circostante. Si moltiplicano le richieste per potenziare il sistema educativo locale, con particolare attenzione all’istruzione tecnica e professionale, ma anche alla formazione universitaria: la mancanza di un’università in Brianza è infatti percepita come una lacuna significativa.
Molte imprese familiari brianzole, perno dell’economia locale, sono inoltre oggi coinvolte in un passaggio delicato tra generazioni. Se da un lato emerge una forte continuità valoriale, con giovani imprenditori formati ad hoc per assumere ruoli chiave, dall’altro si manifestano tensioni culturali e organizzative. Le nuove generazioni, pur consapevoli della tradizione, sono più attente all’equilibrio vita-lavoro, al benessere personale, alla congruità della retribuzione, all’innovazione, alla possibilità di esprimere le proprie competenze in contesti partecipativi. In alcuni casi, la rigidità del modello familiare ha spinto giovani imprenditori a fondare aziende autonome, più dinamiche e reattive ai mutamenti del mercato. Il fenomeno della trasformazione da impresa familiare a gruppo strutturato o holding risponde alla necessità di affrontare mercati complessi e differenziati, ma introduce problematiche legate alla perdita di identità e alla gestione di una governance più articolata. Il lavoro continua insomma a essere un elemento centrale dell’identità individuale, ma la sua forma e il suo significato sono profondamente mutati. Laddove le imprese hanno saputo interpretare questo cambiamento, promuovendo ambienti inclusivi, trasparenti e orientati alla crescita, si sono registrati risultati positivi anche in termini di produttività e fidelizzazione.

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