
di Alessandra Schofield
Stress da lavoro in Italia Un problema sempre più diffuso e trasversale. Lo stress da lavoro è oggi un fenomeno piuttosto diffuso in Italia: ne è colpita una percentuale di lavoratori che, a seconda dello studio condotto, sta tra il 53% e il 64%. Carichi e tensioni sono aumentati dopo l’emergenza Covid-19, che sembra aver decisamente accentuato il problema.
Ciononostante, i casi formalmente denunciati come malattia professionale di natura psichica sono relativamente pochi, e probabilmente si tratta di un contesto di sotto-denuncia. Secondo i dati INAIL, nell’ultimo quinquennio sono stati segnalati complessivamente poco più di 2.000 casi di disturbi psichici e comportamentali da lavoro, con una media di circa 400 casi all’anno, in prevalenza disturbi dell’adattamento, d’ansia e addirittura da stress post-traumatico.
Le cause dello stress da lavoro possono essere legate tanto all’organizzazione dell’attività professionale quanto alle relazioni nell’ambiente lavorativo. Ritmi troppo pressanti, impegni eccessivamente gravosi, monotonia nelle mansioni, scarsa chiarezza nell’assegnazione dei ruoli, poca autonomia decisionale fino alla conflittualità interpersonale che può spingersi alla vessazione, possono innescare meccanismi distorti e nocivi. Secondo un rapporto Censis-Eudaimon, quasi il 76% dei lavoratori si sente sopraffatto dalle responsabilità sul lavoro, specialmente se – come accade molto spesso alle lavoratrici – si è costretti a conciliare il lavoro e gli impegni familiari. Medicitalia riferisce che circa il 74% dei lavoratori avverte un’eccessiva pressione durante l’orario di lavoro, a causa di ritmi frenetici e scadenze serrate. La tensione può essere causata anche da frequenti straordinari, turni notturni, mancanza di pause adeguate.
I giovani soffrono la precarietà e la competizione sul posto di lavoro, e spesso questi due elementi sono peraltro combinati. Ma comunque, in generale, di frequente i lavoratori non si sentono supportati dai datori di lavoro (oltre il 67%) e dall’azienda (quasi il 69%), che potrebbe contribuire a migliorare il clima lavorativo, ma spesso non viene ritenuta sufficientemente attenta.
Se lo stress da lavoro sembra meno presente tra coloro che lavorano in smart working, il 76,8% di questi lavoratori non riesce sempre a separare sfera professionale e privata, e patisce l’iper-connessione. Staccare è più difficile, il rischio di stress cronico aumenta e, con esso, la possibilità di soffrire di disturbi gastrointestinali, cardiovascolari, problemi del sonno, affaticamento cronico, ansia, depressione, cefalee, dolori muscolari, disturbi della pelle, calo delle difese immunitarie, esaurimento. Lo stress può anche, solo o inizialmente, manifestarsi con irritabilità, difficoltà di concentrazione, calo del morale e della passione per il proprio lavoro e, alla lunga, può incidere negativamente sulle prestazioni professionali, sull’efficienza, in termini di incremento dell’assenteismo e in calo di sicurezza sul lavoro, dato che una persona stressata può essere meno attenta, meno vigile e più distratta.
Alcuni ambiti lavorativi presentano certamente un rischio di stress più elevato, ma il problema è certamente trasversale dato che – come abbiamo visto – è soprattutto legato a temi di organizzazione, gestione del personale e dei ruoli e clima sul luogo di lavoro.